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Pinza

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La pinza emiliana è uno dei dolci che meglio raccontano l’identità gastronomica delle campagne e dell’Appennino. Preparata soprattutto durante il periodo natalizio, questa specialità ha una lunga storia legata ai rituali domestici di abbondanza e prosperità. Ogni famiglia, fino a pochi decenni fa, custodiva gelosamente una ricetta personale del ripieno, arricchito con frutta secca, cioccolato, canditi e altri ingredienti considerati pregiati, simbolo di ricchezza e buon auspicio per l’anno nuovo. Nel 2025, il dolce continua a essere realizzato nelle case e nelle pasticcerie dell’Emilia, tramandando la stessa tradizione con varianti territoriali.

Origini popolari e tradizione familiare

In Emilia, la pinza non è mai stata soltanto un dessert: rappresentava un gesto augurale. Le famiglie contadine, soprattutto nelle aree dell’Appennino, preparavano questo dolce nelle giornate che precedevano le festività di dicembre. Il ripieno era studiato per apparire opulento, con ingredienti non comuni nella vita quotidiana del tempo. Uvetta, pinoli, cacao e mostarde si univano a marmellate di stagione in combinazioni sempre diverse, a seconda delle disponibilità e delle consuetudini locali.
A Reggio Emilia e Modena la farcitura più diffusa prevede marmellata di prugne, castagne e aromi decisi come caffè e cacao, mentre nelle campagne del Bolognese si preferisce la mostarda bolognese, la stessa usata nelle raviole. Ciò che non cambiava era l’idea di trasmettere un segnale di prosperità: la pinza doveva essere ricca, compatta, fragrante, capace di resistere diversi giorni, pronta a essere condivisa con ospiti e vicini durante le festività.

Ingredienti e preparazione dell’impasto

La base della pinza è una pasta frolla morbida e profumata. Per realizzarla servono farina 00, burro, zucchero, uova, latte e lievito, oltre a scorza di limone e semi di vaniglia per aromatizzare. L’impasto si lavora come una frolla classica: lo zucchero viene montato con il burro a pezzetti, poi si aggiungono le uova una per volta, il latte, il sale e infine la farina con il lievito setacciato. È fondamentale che la lavorazione sia rapida, per evitare di scaldare la massa, ed è consigliato l’uso di spatole al posto delle mani. Una volta formato il panetto, va avvolto nella pellicola e lasciato riposare in frigorifero per almeno due ore, meglio ancora fino al giorno seguente. Questa fase garantisce compattezza e un risultato friabile dopo la cottura.

Il ripieno tipico delle zone reggiano-modenesi

Per il ripieno più diffuso tra Reggio Emilia e Modena si mescolano marmellata di prugne e castagne, unite a uvetta non ammollata, caffè macinato, cacao in polvere, pinoli e scorza di mandarino tritata finemente. Questo mix dà vita a una farcitura densa e profumata, capace di esaltare il gusto intenso della pasta frolla che la racchiude. Una volta pronto l’impasto, si divide in due parti uguali e si stende su carta da forno infarinata fino a uno spessore di circa un centimetro. La farcitura va distribuita senza arrivare ai bordi, lasciando un margine di due centimetri, per permettere la chiusura corretta a portafoglio. Le estremità vengono sigillate con cura per impedire la fuoriuscita del ripieno durante la cottura.

Cottura e conservazione

I filoni di pinza, una volta modellati, vengono spennellati con tuorlo sbattuto e cosparsi con zucchero semolato o granella, per ottenere una superficie dorata e croccante. La cottura avviene in forno statico preriscaldato a 180 gradi per circa 30-35 minuti, fino a quando la pasta assume un colore dorato uniforme. Una volta raffreddato, il dolce si taglia a fette e può essere conservato per più giorni a temperatura ambiente, mantenendo la sua fragranza. La pinza resta così un dolce della memoria, capace di unire famiglie e generazioni, ancora oggi preparato sulle tavole emiliane nel mese di dicembre, proprio come avveniva secoli fa.

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